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La cuoca del Presidente - Recensione

06/03/2013 | Recensioni |
La cuoca del Presidente - Recensione

Il “potere della cucina” e insieme la “cucina del potere”. La cuoca del Presidente è queste due cose insieme, due proposizioni usate dallo sceneggiatore Etienne Comar come perfetta sintesi di un film delizioso, nella forma e nella sostanza. La pellicola è ispirata alla storia vera della donna che cucinò per il Presidente francese Mitterrand dal 1988 al 1990. Ecco la vicenda.
Hortense Laborie è una cuoca eccezionale che vive nella regione del Périgord dove ha una fattoria in cui cucina utilizzando i prodotti della sua terra. Con sua grande sorpresa, viene chiamata dal Presidente della Repubblica che desidera piatti semplici e familiari e che la nomina responsabile della sua cucina privata all’Eliseo. Nonostante non sia vista di buon occhio dagli chef che lavorano nelle cucine centrali del Palazzo, Hortense si impone all’attenzione del Presidente Mitterrand grazie al suo carattere forte e al suo talento indiscusso. La genuinità della sua cucina conquista in poco tempo il Presidente ma le crea molti problemi, invidie e ostacoli nelle stanze del potere. 
La verità storica innanzitutto. La regina della cucina in questione di cui il film racconta le avventure in realtà si chiama Danièle Delpeuch. Non un grande chef o un ristoratore ma una semplice cuoca. Una donna singolare, dalla vita avventurosa fatta di impegni presi spesso obbedendo a un impulso. Nel suo curriculum, un viaggio negli States per insegnare a cucinare, i due anni all’Eliseo, un anno trascorso su un’isola dell’Antartide a fare la cuoca per un gruppo di operai. Proprio su questa avventura agli antipodi (in tutti i sensi) dalla residenza presidenziale francese si apre e si chiude il film. In mezzo, i ricordi dei due anni da cuoca del Presidente che costituiscono l’ossatura del film.
Le due esperienze di segno opposto sono scelte appositamente dal regista per dare realizzazione ad un riscatto: la riconoscenza, l’amicizia, il calore, l’applauso mai ricevuto all’Eliseo prende vita dall’altra parte del globo in un contesto più vero, più autenticamente umano. Due mondi antitetici compongono un efficace gioco di contrasti: gli stucchi e gli ori dell’Eliseo contro la semplicità di una cucina su un’isola sperduta dalla natura ostile e selvaggia. L’ingratitudine del Palazzo da cui la protagonista viene allontanata senza un grazie contro la riconoscenza di persone che la circondano di affetto, le danno del tu, la applaudono, la omaggiano a loro modo.
Mescolando fatti realmente accaduti con elementi inventati, la sceneggiatura mette al servizio del regista Christian Vincent una storia perfetta per un film frizzante come una coppa di champagne e gustoso come un Saint-Honoré. La cuoca di campagna con camicetta in stile Nonna Papera (come osserva perfidamente uno chef della cucina ufficiale di Palazzo) che non ha idea delle regole di protocollo, pensa solo al suo lavoro, instaura un dialogo diretto col Presidente prendendosi gioco dei consiglieri che tentano di ficcare il naso nel suo regno, è perfettamente incarnata dal talento e dalla classe dell’attrice Catherine Frot (interprete nel 2006 de La voltapagine).
Quanto a Mitterrand, cui presta il volto un non-attore come Jean D’Ormesson, membro dell’Academie Française, illustre scrittore e giornalista, è dipinto come un uomo che compie scelte in base al gusto personale ma anche alla funzione "politica" svolta da un pasto (“Datemi il meglio della Francia!” esclamerà in un rigurgito di grandeur squisitamente transalpina). In questo senso, il film è una storia che si svolge all’Eliseo senza parlare di politica ma che mostra con poche efficaci pennellate il tronfio apparato, la macchina del potere, il peso delle gerarchie e del protocollo (la scena in cui la cuoca viene istruita sui percorsi da compiere, di come ad esempio sia vietato attraversare nel mezzo il cortile dell’Eliseo, è una delle più scene riuscite nella sua sottile ironia).
A condire il piatto, nel vero senso della parola, è un trionfo di pietanze belle da vedere ma anche profondamente “vere”, opera di tre grandi chef francesi che hanno fatto da consulenti per il film.
Ma La cuoca del Presidente non è l’ennesima commedia culinaria, è piuttosto il ritratto di  una donna inquieta, ostinata e democratica, con una vocazione al suo mestiere animata da un fervore quasi "religioso", una donna che con umiltà si mette al servizio della sua arte fino a eclissare la sua vita privata.
E’ questo il segreto che solo i grandi dovrebbero saper custodire. In cucina come nei palazzi del potere.

Elena Bartoni
 

 


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